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Università Cattolica di Milano - Omaggio a Giovanni Testori

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Bacon, Matisse, Beckmann e Hödicke: quattro loro celebri dipinti sono al centro di un nuovo libro di Giovanni Testori sulla Crocifissione, uno dei temi fondamentali della sua opera, ai quali si aggiungono quelli di altri artisti, quali Kei Mitsuuchi e Vittorio Bellini. Il volume (presentato mercoledì 16 marzo alle 16,30 in Università Cattolica a Milano, Aula Bontadini, nel giorno anniversario della morte, con il curatore Fulvio Panzeri e Alain Toubas, con introduzione di Roberto Cicala) raccoglie pagine rare e inedite che raccontano un ritratto di Testori “davanti alla croce”, attraverso varie scritture: di poesia, di riflessione etica e di critica, a sottolineare, come dice Testori, «quanto sia ancora possibile che arte e fede, che forma e Cristo si trovino indissolubilmente legati nell’immagine e nella parola». Come scrive Panzeri «il dramma di Cristo morente, la sua sofferenza, diventano per Testori un emblema di redenzione, espresso dall’arte in modo dirompente e immediato».

Giovanni Testori, Davanti alla croce. Parola, arte e vita, a cura di Fulvio Panzeri, Interlinea, pp. 160, euro 12.

Un brano del libro
Quando fermi davanti alla croce, guardiamo il volto di Cristo, ci accorgiamo che a poco a poco, tra la brina del sudore e le gocce dense e grevi del sangue, quel volto diventa l’alveo, la casa, il nido di raccolta e l’effigie stessa di tutte le offese, di tutte le ingiustizie, di tutti i dolori e di tutte le lagrime che devastano il mondo. Allora su quel volto, diversificati uno per uno, ma abbracciati in una stessa domanda, in una stessa risposta e, dunque, in una stessa pace, scorgiamo i volti di tutti i sofferenti, di tutti gli affamati, di tutti i malati che ci è accaduto d’incontrare nella vita, quelli ai quali non abbiamo dato nulla o ben poco di quanto, con la loro presenza, ci chiedevano; e, insieme ai loro, i volti dei sofferenti, degli affamati, degli oppressi e dei malati che nella vita ci hanno preceduti e ci seguiranno.

Presi da quell’infinita, tremante capacità di condensare in sé tutte le altre vite e di far lievitare come un muschio e fiorire come un prato, da tanto, terribile dolore la realtà della pace, noi ci chiediamo da dove questo miracolo nasca. La risposta è nella natura stessa dell’uomo-Dio che sulla croce ha voluto salire e morire per liberare veramente e totalmente l’uomo e, con l’uomo, il mondo. Questa natura è, in assoluto, la carità; è, in assoluto, l’amore.

L’autore
Nato da una famiglia di fervente fede cattolica, Giovanni Testori esprime nei suoi studi e in tutte le sue opere un forte legame con la religione. Frequentò il Liceo San Carlo a Milano e si laureò in Lettere all'Università Cattolica del Sacro Cuore nel 1946 dedicando la sua tesi all'estetica del surrealismo. Sin da giovanissimo collaborò con alcune riviste dei Gruppi Universitari Fascisti, scrivendo articoli di critica d'arte contemporanea. I suoi studi si concentrarono soprattutto sulla pittura lombarda, dal realismo cinquecentesco al manierismo settecentesco. L'interesse dominante per l'arte antica e moderna non gli proibì di avvicinarsi a pittori a lui contemporanei quali Guttuso, Cassinari, Morlotti, dei quali seguiva con amicizia i lavori ed i progressi.

La prosa utilizzata nei saggi è fortemente evocativa: si fondono in essa il rigore interpretativo del critico e la capacità dello scrittore di offrire una lettura suggestiva, ricca di neologismi, della poetica degli artisti che egli maggiormente amava. Nel 1954 venne pubblicata da Einaudi la sua prima opera narrativa: Il Dio di Roserio. A questa seguiranno poi le opere del ciclo I segreti di Milano, nel quale Testori tratteggia le vicende umane della periferia milanese di quegli anni. Sin dal suo esordio come scrittore la produzione di Testori vuole rappresentare la realtà di Milano e del suo hinterland, ritraendo personaggi e ambienti di una società fortemente caratterizzata in senso geografico. La principale opera teatrale del Testori è L'Arialda, del 1960, che suscita grande scandalo per la sua presunta oscenità, perché venato di tematiche omosessuali. Proprio lo scandalo contribuirà a far conoscere l'opera di Testori al grande pubblico. Un elemento importante di tutta la scrittura testoriana è l'utilizzo di un linguaggio originale creato dalla fusione del dialetto lombardo con elementi estratti dalla lingua francese ed inglese. Importanti in questo senso sono le tre opere teatrali racchiuse sotto il titolo di Trilogia degli Scarrozzanti, e cioè L'Ambleto (1972), Macbetto (1974) ed Edipus. Dopo questi tre testi si realizza appieno la conversione cattolica di Testori, che coincide con il suo avvicinamento al gruppo di Comunione e Liberazione da cui diceva di sentirsi accolto "nonostante la condizione di omosessuale". Il suggello di questa conversione sarà dato dalla sua collaborazione assidua al settimanale del gruppo, Il Sabato, lungo gli anni Ottanta. Testori collaborò molto con Franco Branciaroli, per il quale scrisse anche delle piece teatrali: fra queste, In exitu, monologo di un tossicodipendente omosessuale che si prostituiva a Milano. Tale testo suscitò molto scalpore per le oscenità raccontate. Dal 1977 collabora con il Corriere della Sera succedendo a Pier Paolo Pasolini, prima come commentatore e successivamente in qualità di responsabile della pagina artistica. Si ammala di tumore nel 1990, e ne muore nel 1993. Nel 2005 la Città di Varallo intitola alla sua memoria la piazza antistante il complesso monumentale del Sacro Monte luogo prediletto dei suoi studi.

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